Il Signore della Gloria

COSMOLOGIA E CRISTOLOGIA


Che pensi tu di colui che volta sdegnoso le spalle e poco dona, ed è avaro; possiede ei forse la scienza dell'Arcano, sì che veda o non gli han raccontato nulla di quel che è nei libri di Mosè o d'Abramo,il Fedelissimo, che cioè un'anima carica non sarà caricata del carico d'altra e che l'uomo non avrà di suo che il suo sforzo, e che il suo sforzo sarà un dì fatto visibile?
Corano, 53,33-40

Vae vobis legisperitis, quia tulistis clavem scientiae, ipsi non introistis et eos qui introibant prohibuistis.
Guai a voi, dottori della legge, perchè avete sottratto la chiave della conoscenza: voi non siete entrati e lo avete impedito a coloro che volevano entrare!
Luca,11,52

.... comprendi con sapienza e sii saggio con la comprensione: esamina servendoti di esse e indaga su di esse, conosci, conta, e scrivi. Colloca l'argomento nella sua luce, e poni il Creatore sul suo trono (...) frena la tua bocca dal parlare ed il tuo cuore dal meditare. E se il tuo cuore corresse a meditare, riportalo là dov'è partito.
Sepher Yezirah, I,4; 8

Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete
udite il ragionar ch'è nel mio core
ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo;
Dante, Convivio, II,5,1-3


La possibilità di superamento della frattura avvenuta nella modernità si trova in un passo di S.Bonaventura, di per sè molto chiaro in ciò che afferma, tuttavia completamente nascosto, per un oblio dei codici del sapere, per ciò che esso implica, sia in rapporto alla tradizione sia in rapporto alle sue premesse storico-culturali,scientifiche e teologiche. Il legame della cosmologia alla cristologia, scomparso per la modernità, credenti compresi, ci appare così essenziale per accedere alla tradizione del cristianesimo e mediante questa a quella antica e a quella della tradizione biblica, che a volte ci assale il tremendo dubbio di perseguire semplicemente un sogno, riflettendo su ciò che vediamo nei documenti dell'antichità, un sogno che pare svanire non appena si cerca di tradurlo in un testo destinato ad un possibile interlocutore d'oggi,nato e cresciuto nella civiltà urbana contemporanea, le cui mappe,però, non contengono più, come necessarie alla propria vita, quelle minime informazioni sull'universo visibile per sapersi orientare nello spazio e nel tempo. Quell'informazione scientifica che un tempo era di tutti gli uomini colti, - papa Silvestro II era l'uomo più colto del tempo, nell'Europa cristiana dell'anno mille, perché capace di progettare la costruzione di un astrolabio, una banalità per la scienza e la tecnica d'oggi- per il pregiudizio insito nella modernità, viene giudicata praticamente irrilevante da tutti gli studiosi di qualsiasi disciplina, perchè non pertinente al linguista, allo storico, all'esegeta, al teologo e al filosofo che intenda cimentarsi coi classici greci e medioevali. La divisione analitica delle discipline, oggi, rende pressoché impossibile ai suoi cultori la conoscenza del quadro unitario entro cui quel racconto e quel documento è stato prodotto.
Tutta la filosofia naturale mette in evidenza, secondo un rapporto di proporzione, la Parola di Dio nata e incarnatasi per essere l'Alfa e l'Omega, nata cioè in principio e prima del tempo, ma incarnatasi alla fine di tempi
(S. Bonaventura, Riduzione delle arti alla teologia).
Questo passo merita un libro e non solo un commento, diverso però dal semplice rimando alla tradizionale dottrina cristiana della centralità di Cristo come signore dell'universo, formula questa per nulla generica, ma che, per quella dicotomia della competenza scientifica da quella filosofico-letteraria, cui dovette fare i conti e farne le spese Galileo Galilei, è divenuta solo un sintagma della memoria senza più essere principio di intelligenza. Si osservi che S. Bonaventura scrisse "Tutta la filosofia naturale" e non "Tutta la Sapienza" o "Tutta la Scrittura". Che cosa può dire, sia pure secondo analogia, la filosofia naturale in rapporto alla Parola di Dio (Verbum Dei, logos tou Theou) in quanto Alfa e Omega? La dottrina dell'analogia entis è di derivazione aristotelica ed è centrale nella metafisica tomistica, ma il riferimento ad essa qui si trova in un inciso, mentre il mistico francescano ci viene a dire che per comprendere quanto si trova tramandato nel racconto della prima visione dell'Apocalisse, un testo canonico, è necessario partire dalla filosofia naturale e quindi da una fonte diversa dall'autorità e dalla tradizione. Questo spiega perchè la chiave di lettura di quel testo sfugga completamente a quegli storici della cultura,che sono oggi gli esegeti. La filosofia naturale cui allude il successore di S.Francesco d'Assisi non è da ricercarsi nei commenti al De Coelo di Aristotele, ma nella tradizione dei commenti al Genesi e forse al Timeo di Platone, come nel medioevo era conosciuto. Ciò che è necessario capire si trova tutto in una miniatura del XI secolo, raffigurante la separazione della luce dalle tenebre descritta nella prima giornata nel racconto sacerdotale della creazione. A quel Bereshit del Genesi, a quel en arkh del IV Vangelo fa riferimento il passo. Se si dice principio si rimanda contemporaneamente all 'eschaton, alla fine. Il Natale avviene all'omega per la storia della salvezza di un popolo, o per meglio dire, ne rivela il principio in rapporto a cui tutte le genti e non solo quel popolo si trova situato. Poichè questa 'fine dei tempi' è già avvenuta, per la determinazione temporale di Omega è necessario sapere l'intervallo di tempo che ricongiunge il Natale, ovvero l'incarnazione del Verbo secondo i cristiani, al principio, alla creazione del cielo e della terra, secondo quanto è dichiarato nel racconto biblico. Ciò che ci dice la filosofia naturale secondo la cultura di quel racconto e di tutta la tradizione ,secondo S.Bonaventura, è precisamente la determinazione a priori di questo intervallo di tempo a partire dalla struttura stessa dell'universo. Questa determinazione a priori è ciò che la tradizione apocalittica giudaica ricercava e sicuramente sapeva, quando in Enoc etiopico si legge che prima che il sole e le stelle fossero il suo nome risuonò dinnanzi al Signore degli Spiriti. Questo implica ancora che se non si conosce tale intervallo di tempo che congiunge l'omega all'alfa e il nostro rapporto temporale all'omega, cioè al Natale, è nascosta la porta di accesso al codice di tutta la tradizione dell'umanità, non solo di quella sorta da Abramo, cioè quella giudaica,cristiana ed islamica. La determinazione a priori del tempo che intercorre dal principio alla fine, dall'Alfa all'Omega, a partire dalla struttura stessa dell'universo, e quindi dalla sapienza originaria con la quale Dio creò questo universo non porta alla individuazione di un ciclo temporale legato agli astri (sole-luna e stelle), ed esclude pertanto che Gesù sia una delle forme storiche temporalmente condizionate di salvatori e profeti ciclicicamente inviati, come si trova affermato in altre culture. Panickkar nel suo Il Cristo sconosciuto dell'induismo del 1981 cerca di sostenere che " Cristo può andare sotto molti altri nomi storici: Rama, Krishna, Isvara, Parhusa, Tathagata" La cristologia dell'induismo, sostenuta da Panickkar, non può essere confusa o anche semplicemente accostata a quella sorta dalla profezia messianica di Isaia, che un gruppo di ebrei riconobbero,riferita a Gesù di Nazareth,avendo riscoperto quello scomparso spirito di profezia, sorto nei secoli nell'alveo della loro originaria tradizione sapienziale. Questo rinnovato spirito di profezia divenne la base per una rilettura "cristiana" di tutta la tradizione, provocando così una profonda e dolorosa e violenta scissione dei rappresentanti ed eredi del secondo tempio di Gerusalemme. Certamente questo nesso che lega la cristologia alla cosmologia per la determinazione temporale del Natale ci pare inaudito, ma più grave è la perdita di quell'universo che S.Bonaventura in quel passo fa intravvedere per l'autoconsapevolezza culturale dei credenti e dei non credenti in Occidente. Ciò che è in gioco non è tanto la conoscenza di una data (anno, mese, giorno), e sotto questo aspetto cronologico-calendariale è del tutto irrilevante perché è completamente nascosto ciò che deve essere visto , ma il modo in cui è tenuta insieme struttura del cosmo e storia della salvezza nell'evento del Natale. L'Apocalisse di Gesù è la rivelazione che Dio gli diede in quanto è principio e fine della storia ( A e O ) e Signore della Gloria, come dice S.Paolo e non l'insegnamento morale dato ai discepoli. Nella metafora-simbolo del libro sigillato scritto dentro e fuori, che l'Agnello venendo ricevette dalla destra del seduto sul trono (Apocalisse, V) si deve pensare, tenendo insieme dimensione soteriologica e dimensione cosmologica, che egli contemporaneamente è il signore del cosmo e il rivelatore definitivo della storia della salvezza. Il dopo Cristo della datazione cronologica non può più esistere sul piano della storia della salvezza se non come il compimento nell'anima di ciò che storicamente è avvenuto. Prefigurato dall'antico testamento, il mistero unico del Cristo, raggiunge la sua pienezza nell'anima cristiana, così scriveva H.de Lubac. Di quel libro sigillato, qui interessa, in quanto storici del pensiero scientifico, ciò che è scritto esternamente o meglio ancora il codice secondo cui avviene quella scrittura esterna. L'alfabeto di quella scrittura è analogo a quello del gran libro della natura ed è di competenza della filosofia naturale. Per questo il processo a Galileo e la sua condanna fu una tragedia dalle conseguenze incalcolabili, ben più grave, secondo noi, della rottura con Lutero sulla grazia e sul libero arbitrio, perchè indirizzò la ricerca scientifica sulla natura in antitesi o al di fuori della tradizione sapienziale biblica, dato che i custodi istituzionali di tale tradizione ne ritenevano la memoria ma forse non più l'intelligenza. Se il libro della rivelazione ha una doppia scrittura, esterna ed interna, pensare che sia fondamentale solo quella interna, e caduca quella esterna, assimilata alla cultura del tempo, significa esporre alla corruzione proprio la dimensione interiore che può esprimersi solo più nella pietà individuale e nel rito pubblico e non si alimenta più nella dimensione della conoscenza. La ricerca dei rapporti quantitativi per la formulazione matematica di una legge divenne attività profana, come il commercio o la navigazione, senza diretto rapporto alla salute dell'anima e quindi legittimamente si può, come fece Galileo, richiedere all'autorità religiosa di non interferire. Così paradossalmente si costrinse il cattolico Galileo ad adoperarsi a che l'attività scientifica divenisse profana, mentre mezzo secolo dopo I.Newton abbandonò la sua colossale ricerca sulla Bibbia - i suoi numerosi manoscritti si trovano oggi all'Università di Gerusalemme - per essere il più grande scienzato dell'epoca moderna, applicando al libro della natura proprio quelle regole che da giovane aveva elaborato per la interpretazione della Bibblia. Dall'analisi del passo di S.Bonaventura emerge uno schema



che indica il problema da risolvere sulla base della filosofia naturale, scrivere cioè il periodo che va dall'alfa all'omega, determinando il tempo della nascita del messia nel quadro della storia della salvezza secondo la struttura stessa del cosmo. Per comprendere il passo è necessario vedere la corrispondenza della struttura della miniatura che si trova in un codice del XI secolo a Canterbury e la struttura cosmografica dell'universo con il cerchio dell'equatore celeste (cielo) e il cerchio del percorso del sole (terra) e i due paralleli distanti 24° dai rispettivi poli. I due cerchi della miniatura sono i due paralleli e il trono, su cui è assiso Cristo benedicente o giudicante, occupa precisamente il polo dell'eclittica,che si trova a 66° di declinazione.


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Potrebbe essere semplicemente una coincidenza oppure rivelare una caratteristica della composizione letteraria antica il fatto che il capitolo 66 mo (ultimo) di Isaia, menzionando al primo versetto il trono in cielo e la terra suo sgabello, contenga 24 versetti? Se così fosse, saremmo in presenza di un classico esempio di metacomunicazione dei dati, tipica delle composizioni poetiche di Dante nella Vita Nuova. Senza l'indicazione del Trono, suggerita da Cristo giudice, sarebbe stato difficile pensare i due cerchi della miniatura come i due parallelli dei due sistemi che si intersecano, quello dell' equatore celeste e quello dell'eclittica.Infatti i due cerchi potevano benissimo essere impiegati per distinguere la luce dalle tenebre. Si osservi ancora come l' intersezione dei due cerchi piccoli forma la classica "mandorla" ruotatata di 90° dell'iconografia medioevale.
Nel sistema geocentrico il cielo ruota attorno al suo centro P. Ad ogni rotazione corrisponde un giorno, più giorni il mese, più mesi l'anno.Così se dobbiamo scrivere un intervallo temporale dobbiamo renderci conto che non possiamo scrivere un arbitrario numero di giorni, di mesi o di anni, ma qualcosa che è connesso con lo scorrere del tempo. Il polo P, come si può vedere dalla figura, si trova sul parallelo di latitudine distante 24° da polo dell'eclittica e non è fisso: è soggetto ad un lentissimo movimento attorno al centro di tale parallelo. Per tale movimento si ha il fenomeno della precessione degli equinozi.Il polo celeste, secondo il sistema dell'angelo della luce (longitudine e latitudine) si trova a 66° di latitudine e il tempo è misurato dall'arco che esso compie attorno a pi. Il primo valore da scrivere sarà precisamente 66°. Il secondo, questa volta in primi, 24', essendo di 24° la distanza dal rispettivo polo. Il terzo valore sarà dato dalla somma numerica dei 24 paralleli e 24 meridiani, 48". Il tempo del Natale alla fine dei tempi sarà dato dall'arco che il polo celeste avrà compiuto il cui angolo al centro è di 66° 24' 48". Questo significa porre una strettissima relazione tra la struttura del cosmo come anticamente era intesa e il tempo della nascita del messia profetizzato da Isaia XI,1, sul quale si poserà "lo spirito di Jahve". Il Beresit Rabba riferisce proprio a questo versetto la seconda espressione del Genesi : 'e lo Spirito di Dio aleggiava: si riferisce allo spirito del Re Messia' (II,4). A questo punto non si può fare a meno di indagare se l'espressione biblica (e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque ) significhi precisamente quello che nel nostro sistema culturale è l' espressione del tempo in funzione dell'arco percorso da P senza che con questo si voglia identificare lo Spirito con il movimento del polo celeste. Questa relazione farebbe comprendere moltissime espressioni che non appartengono più alla nostra cultura.
Anche se abbiamo correttamente scritta la misura temporale che il passo di S.Bonaventura invita a cercare, per l'ormai riconosciuto errore di Dionigi il piccolo, non si può passare al nostro sistema cronologico se non si sappia per altra fonte la corrispondente data dell'inizio o di quella della fine oppure se non vi è qualche autore che ponga per un altro intervallo temporale tale corrispondenza. Questo autore è Dante e l'opera è la Vita Nuova, mediante la data della morte di Beatrice (1290,6,8) e mediante la suddivisione che Dante stesso pone per la canzone Donna pietosa di 84 versi; un altro autore è S. Bonaventura, quando racconta della sua visione del Serafino.
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